La crisi pandemica sta portando importanti cambiamenti nella nostra società, cambiamenti che si riscontrano anche nel mercato immobiliare.
Il settore non residenziale, per esempio, ha subito gli inevitabili contraccolpi dovuti alla pandemia e alla conseguente stagnazione economica. Tuttavia, non in maniera omogenea. Alcuni settori hanno reagito meglio di altri, in base al tipo di servizi offerti
Vediamo adesso come i diversi settore del non residenziale hanno reagito alla crisi pandemica.
Locali commerciali e uffici. Una crisi legata al virus
Il primo portato della pandemia è stato la sofferenza in cui è entrato il settore commerciale. I primi sei mesi del 2020 sono stati caratterizzati da un calo dei canoni di affitto dei locali commerciali. I retail è stato il settore più penalizzato, insieme a quello della ristorazione.
Anche il settore degli uffici non registra una crescita, sebbene non in maniera uniforme sul territorio nazionale. Piazze come Milano sembrano essere vitali con i lavori per la realizzazione di aree direzionali di notevole importanza. In generale, però si deve parlare di una fase di stagnazione dovuta alla delusione delle aspettative degli investitori. Il ricorso delle aziende allo smart working sta cambiando le carte in tavole e limita gli investimenti nel settore degli uffici. Unica realtà in controtendenza è la ricerca da parte di alcune aziende di immobili dall’ampia metratura per garantire un adeguato distanziamento sociale.
Sviluppo dell’ e-commerce e settore dei capannoni
La pandemia, con il conseguente lock-down, ha dato un forte impulso al settore dell’e-commerce che è cresciuto del 31%. Se all’inizio del 2020 il mercato dei capannoni aveva registrato un decremento pari al 27%, nel prosieguo dell’anno la situazione è migliorata.
Lo sviluppo dell’e-commerce ha portato ad una crescente necessità di aree di stoccaggio e ad una maggiore fiducia degli investitori. Questo, associato alla contrazione dei prezzi, ha portato ad un crescente interesse per l’acquisto.