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Canoni d’affitto in calo del 4-5% all’anno nonostante la forte domanda abitativa. Ma si tratta di aggiustamenti ancora insufficienti a compensare il calo di potere d’acquisto delle famiglie: non a caso i provvedimenti di sfratto per morosità sono aumentati del 70% negli anni della crisi. Il mercato delle locazioni è sottoposto a spinte contrastanti, strettamente collegate alla situazione di stallo che stanno vivendo le compravendite (crollate di un quarto nel 2012 e di un altro 14% nel primo trimestre di quest’anno).

Da un lato l’impossibilità per molti potenziali acquirenti di accedere a un mutuo fa aumentare la domanda di locazione. Dall’altro, i proprietari, che non riescono a vendere e vedono aumentare il peso fiscale sul mattone o comunque hanno necessità di maggior liquidità, sono spinti a mettere gli immobili sul mercato. Adeguando le loro richieste verso il basso, ma non volendo neppure affittare a tutti i costi, tanto più che l’Imu – a meno di interventi a livello comunale – non distingue tra seconde case locate e tenute a disposizione.

Il peso del fisco
Contro il carico fiscale sulle locazioni, il 26 luglio Confabitare ha organizzato il «tax freedom day»: l’associazione sostiene che fino a quel giorno l’affitto se ne va in tutto in tasse. Il peso fiscale è difficile da sopportare anche secondo Confedilizia, che rileva anche l’incidenza disomogenea della fiscalità comunale su base territoriale. A questo si aggiunge l’obbligo – previsto nella conversione del Dl 63 – di allegare l’attestato di prestazione energetica a tutti i nuovi contratti d’affitto, a pena di nullità dell’atto. Obbligo ovviamente contrastato da Confedilizia e sul quale, secondo l’associazione presideduta da Corrado Sforza Fogliani, ci sarebbe l’impegno del Governo a fare marcia indietro.

I contratti e i canoni
In ogni caso c’è da segnalare l’aumento negli ultimi anni dei contratti registrati. Secondo dati del ministero dell’Economia elaborati da Confedilizia, questi sono cresciuti del 15% in due anni: da 1,252 milioni nel 2010 a 1,445 milioni del 2012. Secondo l’associazione dei proprietari, si tratta perlopiù di contratti emersi per effetto della cedolare: l’opzione è stata esercitata in un caso su cinque nel 2011 e in uno su tre nel 2102. Naturalmente la grossa fetta di nero che caratterizza il mercato italiano rimane esclusa dalle statistiche ufficiali.
Spinte contrastanti, dunque, che stanno però portando i canoni di locazione verso il basso. Nell’ultimo anno, secondo le elaborazionni di Nomisma sul mercato delle principali 13 città (vedi Casa24 Plus del 27 giugno), la discesa è stata del 4% medio. Un trend negativo che in 5 anni porta il calo complessivo al 16 per cento. E questo senza considerare l’inflazione, che, pur contenuta, pesa per qualche punto percentuale annuo e determina l’adeguamento automatico dei canoni per i contratti non sottoposti a cedolare. Anche guardando più nello specifico a livello territoriale, non si registra nessun segno positivo.
Il calo annuo più marcato nei centri storici è stato a Padova, dove l’affitto mensile è sceso del 6%; in periferia è invece Bari a guidare i ribassi (-5,9%). Firenze è la città dove nell’ultimo anno la discesa dei canoni è stata più contenuta (-3%), ma se si guarda al trend di medio periodo il capoluogo toscano è in testa: nel 2008 vivere in affitto costava il 23% in più. Trend simile quello di Bologna: adeguamenti nella media nell’ultimo anno, ma discesa di oltre un quinto dei canoni negli ultimi cinque.
Il valore assoluto degli affitti, però, rimane elevato: mediamente ci vogliono oltre 980 euro per affittare 75 metri quadrati in centro città e circa 600 in periferia. I picchi sono a Roma (quasi duemila euro in centro e quasi 900 in periferia) e Milano (1.587 euro e 784 euro). Tra i centri più “economici” Catania (630 euro in centro e 400 in periferia) e Torino (rispettivamente 830 e 500 euro).

L’allarme sfratti
Secondo le associazioni degli inquilini, tuttavia, i canoni sono scesi poco rispetto al boom che ha caratterizzato gli anni pre-crisi, quando, soprattutto nelle aree urbane, i canoni sono raddoppiati. Non si giustificherebbero altrimenti, sostiene il Sunia, i numeri allarmanti riguardanti gli sfratti: quasi 68mila, secondo gli ultimi dati ufficiali del ministreo dell’Interno, i provvedimenti emessi dai Tribunali nel 2012 (+6,2% annuo) e 121mila casi sotto richiesta di esecuzione. Nel 90% si tratta di sfratti per morosità, cresciuti del 70% in 5 anni.
Per arrivare a un ridimensionamento dei canoni più significativo – concordano inquilini e proprietari – bisognerebbe rivedere la fiscalità a favore dei canoni concordati e garantire i proprietari contro la morosità con appositi “fondi di rotazione” predisposti dagli enti locali in collaborazione, ad esempio, con Fondazioni bancarie.

I NODI DA SCIOGLIERE
1. Segni di ripresa per la cedolare secca
I proprietari che optano per il regime della cedolare secca sono una minoranza, ma ci sono segnali che potrebbero indicare un’inversione di tendenza: è infatti aumentata al 32% la quota di nuove locazioni per le quali viene scelta la cosiddetta tassa piatta. Nel cantiere sulla casa del Governo però c’è anche l’ipotesi di una sua abolizione. Sta di fatto che misure per l’emersione del nero e una revisione del sistema di tassazione delle abitazioni locate sono necessarie per riportare il mercato in equilibrio su canoni sostenibili.
Che cos’è
La cedolare secca sostituisce, con una tassazione al 21% per i contratti liberi e al 19% per i concordati, l’Irpef e le addizionali, le imposte di registro e di bollo sul contratto di locazione, risoluzioni e proroghe. In cambio il locatore si impegna a non aumentare il canone (nemmeno l’aggiornamento Istat) per l’intera durata del contratto.
Il flop
Il gettito della cedolare si è fernato a 645 milioni nel 2011 e a un miliardo nel 2012. Le previsioni che erano state fatte al momento della sua introduzione erano ben diverse: 2 miliardi nel 2011 e 4 nel 2012.
L’opzione per la tassa piatta è stata esercitata da 490mila contribuenti contro i quasi 21 milioni di soggetti che hanno dichiarato redditi da fabbricati. La tassa piatta viene poi praticamente ignorata da coloro che dichiarano redditi fino a 26mila euro, e per vedere percentuali di adesione oltre il 10% bisogna superare i 35mila. Il 60% di proprietari di case affittate dichiara redditi fino a 26mila euro all’anno.
La ripresa
Il numero dei nuovi contratti registrati nel 2012 è arrivato a quota 1,4 milioni. Quasi 100mila in più che nel 2011 e 200mila in più che nel 2010. La scelta per la cedolare è passata dal 23% di due anni fa al 32% del 2012. Confermando quella che era una sensazione condivisa tra gli operatori: la complessità delle modalità di opzione per i contratti in corso fa sì che il momento preferito dai proprietari per scegliere la tassa piatta sia la stipula di un nuovo contratto.

2. Il canone concordato non conviene più
I contratti a canone concordato – frutto di accordi a livello locale tra associazioni di inquilini e di proprietari che mirano ad abbassare gli affitti al di sotto degli standard di mercato – hanno subìto un drastico ridimensionamento, perché è pesantemente diminuita la convenienza fiscale per i locatori.
Il carico fiscale
Da un lato c’è stata la penalizzazione dovuta alla cedolare secca, che differenzia solo del 2% il trattamento fiscale di questo tipo di contratto rispetto al “libero” (19% contro 21%); dall’altro il taglio alle deduzioni Irpef sui redditi da affitto ha penalizzato chi non sceglie la tassa piatta: se prima chi optava per il concordato pagava le tasse sul 59,5% del reddito ottenuto, oggi l’imponibile è pari al 66,5%. Ma soprattutto i Comuni non hanno, nella maggior parte dei casi, previsto aliquote Imu agevolate per questi contratti, come spesso accadeva invece con l’Ici. Questo perchè nel primo anno di applicazione dell’imposta patrimoniale il 3,8 per mille del riscosso andava comunque allo Stato; ma anche se ora non c’è più questo vincolo, i Comuni, alle prese con tagli ai trasferimenti, non hanno variato, se non in pochi casi, le loro scelte. Dove non sono stati previsti alleggerimenti l’imposta sul mattone si è moltiplicata fino a 7 volte.
Contro il «caro affitti»
Una delle misure che potrebbe aiutare a calmierare i canoni d’affitto è proprio il rilancio del concordato. Questo potrebbe avvenire stabilendo, a livello nazionale, un’aliquota Imu agevolata particolarmente conveniente per i proprietari che scelgono questi contratti, aumentando lo sconto sull’imponibile Irpef o abbassando l’aliquota della cedolare secca. Un altro strumento che secondo le associazioni degli inquilini potrebbe portare ad abbassare i canoni passa per l’agevolazione e il finanziamento (oltre che di nuova edilizia sociale) di fondi di rotazione: si tratta di strumenti in genere finanziati da enti locali e fondazioni bancarie che rifondono il proprietario dei canoni dovuti e programmano un piano di rientro per l’inquilino inadempiente.

LA TENDENZA
Il proprietario si tutela con la polizza anti-morosi
L’aumento del rischio morosità ha portato alla crescita di fideiussioni e altre formule assicurative, in genere proposte da agenzie specializzate o associazioni di proprietari, che tutelano i locatori dai potenziali mancati incassi. In genere vengono coperte 12 mensilità e le spese legali in caso di procedimenti di sfratto o altre controversie.
La polizza fideiussioria
In sostanza il locatore può chiedere al conduttore il rilascio di una polizza fideiussoria per l’eventuale inadempimento a tutti gli obblighi derivanti dal contratto: mancato versamento dell’affitto o delle spese accessorie, danni all’immobile eccetera. È comunque opportuno stabilire che la polizza garantisca un importo pari ad almeno un anno del canone di locazione e delle spese accessorie preventivate (tempo necessario all’espletamento della causa di sfratto in prima esecuzione).
Generalmente, il contratto viene consegnato dal conduttore al locatore prima o contestualmente alla stipula del contratto di locazione.
Bancaria o assicurativa?
La fideiussione bancaria garantisce la “buona condotta” dell’inquilino per tutta la durata della locazione, previo versamento di somme o titoli che rimangono vincolati. La fideiussione assicurativa è invece legata al pagamento di un premio annuale o di un premio unico da parte del conduttore: in caso di inadempimento all’obbligo di versare il premio, la compagnia può recedere dal contratto, facendo venir meno la garanzia. Nel contratto è opportuno inserire una clausola per la quale il pagamento da parte dell’istituto di credito o dell’ assicurazione debba avvenire a “prima richiesta”, senza cioè preventiva necessità di escussione nei confronti dell’inquilino.
Molti proprietari, in alternativa, si assicurano anche con polizze di tutela legale, che garantiscono il rimborso di somme per le spese legali sostenute per il procedimento di sfratto e conseguente azione di rilascio, oltre al procedimento di recupero forzoso dei canoni di locazione e spese accessorie.

Fonte: http://www.casa24.ilsole24ore.com/